Questa ricetta è stata una gradevolissima scoperta.
L’abbiamo provata innanzitutto per far fuori svariati chili di farina di riso e per il gusto narcisistico ed un po’ masochistico di andare a cercare ingredienti moderatamente inusuali (la farina di avena – che poi così inusuale non è e che mi ricorda i fantastici frumentini all’avena – ma soprattutto la farina di amaranto – che da un po’ di tempo non trovo da nessuna parte) e per il desiderio di avere ‘a disposizione’ una preparazione non esoterica (ovvero con ingredienti troppo inusuali) per amici intolleranti al glutine.
Ne abbiamo fin da subito apprezzato il sapore leggermente inusuale e la consistenza ‘croccante ma sbriciolosa’: non è necessario avere molari d’acciaio, ma è sufficiente appoggiare i biscotti agli incisivi per iniziare ad assaporarli.
La ricetta
Tempo: 2 ore e 10 minuti
Dosi per 6 persone
- zucchero di canna 200 gr più un po’
- farina di avena 150 gr
- mandorle con la buccia 150 gr
- farina di amaranto 50 gr
- bicarbonato 3 gr
- uova intere 2
- tuorli 2
- limone non trattato 1
- farina di mais
- sale
Montare il burro con le uova intere, i tuorli e lo zucchero, aiutandovi con le fruste elettriche: sino a ricavare un composto spumoso.
Aggiungere le farine di riso, avena e amaranto e amalgamate bene.
Grattugiare la scorza di limone e aggiungerla al composto insieme con le mandorle, il bicarbonato e un pizzico di sale.
Lavorare l’impasto fino a renderlo compatto.
Posare l’impasto su un tagliere e, con le mani, ricavarne dei cilindri (30×5 cm, h 3 cm).
Spostare i cilindri di pasta su una teglia foderata di carta da forno e cospargerli con zucchero di canna e poca farina di mais.
Infornare a 180 °C per 40’.
Fare raffreddare i cilindri di pasta, quindi tagliarli ricavando dei cantucci spessi 1,5 cm., farli asciugare all’aria per 10-15’, quindi infornarli nuovamente per 10’ a 160-170 °C.
Sfornare, far raffreddare e servirli.
La ricetta è stata tratta da una nota rivista di cucina (pubblicata sul numero di giugno 2016) ed è reperibile anche sul sito di tale rivista ‘La Cucina Italiana’
Considerazioni varie
La prima volta che ho provato questa ricetta mi sono sentito un po’ come il gestore di una ‘frulleria’ (o ‘frullateria’ boh) cui Roberta chiese un frullato con due o tre tipi di frutta (tipo mango, açaì e carota ). Il ‘frullista’ prende coscienziosamente nota dell’ordinazione e torna dietro il banco. Dopo qualche momento torna e chiede: ‘Ma devo mettere prima il mango, l’açaì o la carota?’. Infatti letto il primo passaggio, probabilmente per deformazione professionale, mi sono domandato se esistesse e quale fosse l’ordine con cui montare burro, zucchero, uova e tuorli. Non avendo voglia di fare esperimenti mi sono limitato ad utilizzare un ‘algoritmo’ consolidato e testato per altre ricette, ovvero: montare il burro con lo zucchero sino ad ottenere un bel composto spumoso, quindi aggiungere le uova (uno alla volta, aspettando il completo assorbimento del primo prima di incorporare il secondo) ed infine aggiungere i tuorli (col medesimo procedimento). Probabilmente esisterà una sequenza migliore o più efficiente, ma visto il risultato ed essendo piuttosto pigro non ho indagato (sono pure un sostenitore del detto ‘se non è rotto non aggiustarlo’!).
Piccolo momento di smarrimento anche per il secondo passaggio. Anche in questo caso mi sono limitato ad applicare quanto già sperimentato con altre ricette: metto le farine, il bicarbonato, il sale e la scorza in una ciotola, amalgamo con una frusta (così giustifico anche una smodata collezione sia di ciotole sia di fruste), quindi aggiungo al composto di burro zucchero e uova. Le mandorle le aggiungo infine per ultime.
Sempre basandomi su altre ricette, soprattutto perché l’impasto è piuttosto molliccio, ho introdotto due passaggi aggiuntivi (che influiscono leggermente sui tempi di preparazione, ma senza comportare complicazioni. Una volta terminato di impastare (e prima di porzionare i filoncini), lascio l’impasto a raffreddare ed indurirsi in frigorifero per una ventina di minuti circa. Trovo che trascorso questo periodo sia più agevole preparare i rotolini (dopo varie prove il mio ‘numero ideale’ è di 4 filoncini per una teglia circa 30×40). Prima di infornare, inoltre, rimetto i cilindri in frigorifero per altri 20 minuti circa: mi sempra che in questo modo si attenui la tendenza dell’impasto a ‘spatasciarsi’ nella teglia.
In genere anziché la scorza di limone preferisco utilizzare la scorza di arancia on un mix delle due (oltre ad un esperimento con la scorza di fantastici mandaranci consigliatimi da Marco – il fornitore di frutta e verdura necessariamente non a chilometri zero – che secondo me ha dato l’aroma più interessante).